Gli atti persecutori possono perfezionarsi in ambiti diversi da quelli in cui si è soliti collocarli.
Uno di questi è, senza dubbio, l'ambito condominiale.
E' assai frequente come in tali contesti si generino dinamiche che ricordano l'atto molesto: la pluralità di atti emulativi, molesti e vessatori, reiterati nel periodo con cadenza quotidiana; atti di aggressione verbale, di ingiurie, di minacce, di diffamazione; ed, infine, azioni di danneggiamento; tutte condotte che finiscono per compromettere la serenità e il quieto vivere di chi subisce simili condotte, che alterano significativamente il loro stile di vita e provocano in loro perduranti e gravi disturbi dell’umore, attacchi di panico e stress.
Simili condotte integrano il reato di atti persecutori previsto e punito dall'art. 612 bis del codice penale.
Molto spesso, simili condotte si inseriscono nell’ambito di un rapporto di vicinato e di parentela. In altri casi, tali azioni caratterizzano i rapporti di lavoro.
Si indicano una serie di condotte, la cui reiterazione integra la condotte persecutorie/moleste incriminata dalla legge:
1) l’utilizzo indebito di servitù di passaggio: sono le azioni che aggravano l'utilizzo di servitù di passaggio, o che, addirittura, la compromettono, a svantaggio del titolare del diritto. Si segnalano: l’arbitrario posizionamento di bidoni della spazzatura; l’infissione di paletti di ferro nel terreno per ostacolare il passaggio delle autovetture; il posizionamento di pesanti rotoli di filo metallico; il blocco delle cancellate con lucchetti;
2) la violazione delle regole del vivere comune nell'aree condominiali: sono le azioni reiterate poste in violazione del regolamento condominiale; quali, ad esempio:
a) l'abbandono di cumuli di spazzatura davanti le porte di ingresso di coloro che subiscono le condotte moleste;
b) l'abbandono dei residui delle potatura;
c) il riversamento, con scopo predeterminato, dei liquami provenienti da un impianto di fitodepurazione nelle aree di proprietà esclusiva delle vittime;
d) l'organizzazione di feste notturne con decine di invitati e musica ad alto volume in spregio del diritto al riposo dei vicini.
Tali sono gli episodi che la casistica ha preso in considerazione sino in epoca recente.
Si segnalano, tuttavia, altri comportamenti già noti, di per sé stessi capaci di integrare il reato di minacce e, prima della depenalizzazione, anche il reato di ingiurie, la cui ripetizione nel tempo gli attribuisce il rango di atto persecutorio.
Si tratta delle offese omofobe e, comunque, ispirato alla denigrazione e al dispregio.
Gli atti persecutori possono tradursi anche nel sistematico promovimento di azioni giudiziarie, civili e penali, destituite di fondamento, ma da cui sono scaturiti procedimenti penali ai danni delle vittime.
Perché ricorra la fattispecie di reato è necessario acquisire la prova della modificazione delle abitudini di vita. Il delitto di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. è reato abituale, a struttura causale e non di mera condotta, che si caratterizza per la produzione di un evento di danno consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, alternativamente, di un evento di pericolo, consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva.
L'alterazione deve essere apprezzabile ma non fondamentale
Indubbiamente occorre dar atto che il riferimento al carattere "fondamentale" dell'alterazione di abitudini di vita non ha diritto di cittadinanza nella lettera della norma, anche se il mutamento deve pur sempre attingere una soglia di apprezzabile rilevanza quantitativa per attingere la soglia di offensività richiesta dalla legge.
In tema di atti persecutori, ai fini della individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, quale elemento integrativo del delitto di cui all'art. 612 bis c.p., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate.