Press
Servizi / Press
Press
  • 17-05-2021
“IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO: FATTO UNITARIO E COLLETTIVO E UNICITÀ DI OBIETTIVO PERSEGUITO DAI CONCORRENTI ” di Federico Mancini

In mancanza di un previo accordo criminoso e di una condotta tipica, ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p. rileva la unicità dell’obiettivo finalistico complessivamente perseguito dagli agenti da valutarsi con giudizio di prognosi postumo e tenuto conto dei singoli contributi realizzati. 

Questo il principio di diritto recentemente ribadito dalla Suprema Corte con sent. del 15/01/2013 n. 18745, Sez. II, e con sent. del 27/04/2017 n. 18018, Sez. I, riconoscendo segnatamente che “in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l'attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell'altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l'unitarietà del fatto collettivo realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui” (Cass. pen., Sez. II, del 15/01/2013 n. 18745).

Come è noto, la atipicità della condotta non esclude una responsabilità a titolo di concorso materiale e/o morale del concorrente che agevola la realizzazione del fatto o che determina ovvero rafforza il proposito criminoso del correo. La pronuncia richiamata precisa i termini della responsabilità del concorrente, in particolare sul piano soggettivo, indicando il criterio dell’unicità dell’obiettivo finalistico quale fondamentale parametro di valutazione della responsabilità.

È infatti la convergenza finalistica delle condotte sull’evento finale o, comunque, la consapevole volontà di contribuire, anche eventualmente, alla sua verificazione, a caratterizzare la condotta del concorrente, consentendole di accedere alla condotta tipica sì da fondarne la responsabilità per il fatto commesso.

In mancanza di un previo accordo criminoso, pertanto, la responsabilità del concorrente atipico risulta ravvisabile nella duplice ipotesi in cui abbia contribuito alla commissione del fatto nella piena consapevolezza dell’esito finale perseguito o, quantomeno, con la consapevolezza di partecipare ad un fatto criminoso, imputandosi in tal caso l’evento finale, anche se non voluto, a titolo di responsabilità preterintenzionale.

Dovrà invece escludersi la responsabilità del concorrente in caso la condotta sia posta in essere con un obiettivo finalistico diverso da quello del correo e, comunque, in mancanza della consapevolezza di partecipare alla commissione di un fatto illecito, anche diverso da quello verificatosi, non sussistendo in questo caso alcun elemento di connessione che consenta alla condotta atipica dell’agente di accedere alla condotta tipica del correo assumendo rilevanza penale.