Giova rammentare che il c.d. “superbonus” è stato istituito dall’art. 119 d.l. 34/2020, e, originariamente,
prevedeva una detrazione al 110% delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 per la realizzazione
di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del
rischio sismico degli edifici, e, per quanto riguarda gli edifici unifamiliari, è stata prorogata dalla l.
bilancio 2022 fino al 31.12.2022 con detrazione al 110% a condizione che al 30 settembre 2022 fossero
effettuati lavori per il 30% dell’intervento. Il d.l. 176/2022, conv. l. 6/2023, ha poi, previsto (art. 9) la
proroga del termine al 31.3.23 (poi ancora prorogato al 31.12.23), fermo restando il completamento del
30% delle opere dal 30.9.22, nonché «per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità
immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b) [interventi su di unità unifamiliari], la
detrazione spetta nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023,
a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull'unità
immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente
abbia un reddito di riferimento, determinato ai sensi del comma 8-bis.1, non superiore a 15.000 euro».
Nel caso affrontato, ha osservato il Tribunale che, a fronte della conversione in legge del d.l. 176/2022, nella prospettazione
dell’attrice risulterebbe applicabile la previsione da ultimo citata, che, senza necessità che le opere
fossero state avviate entro il termine di settembre 2022 (il che non aveva avuto luogo), prevedeva la riduzione
dell’aliquota al 90%. Poiché si tratta di previsione la cui invocazione è sfavorevole alla parte, sul piano
risarcitorio, ed essa non ha preso posizione in merito all’eventuale insussistenza dei presupposti per
l’applicazione dell’agevolazione, cristallizzandosi la posizione delle parti, ex art. 1453, u.c., al momento
della proposizione della domanda di risoluzione, e, dunque, non potendo la convenuta più adempiere,
deve ritenersi che il danno patito dall’odierna attrice risulti corrispondente al 10% del valore delle opere,
vale a dire alla quota di sgravio che ella ha perduto in considerazione del mancato avvio dei lavori.
Tale danno doveva ritenersi certo, non potendosi aderire alla prospettazione della parte convenuta che si
trattasse della perdita di una mera chance, essendo lo sgravio fiscale legato alla sussistenza di presupposti
normativi fissi, senza previsioni di limiti di budget o di valutazioni discrezionali, ed in ogni caso non
avendo "Omissis" — che, peraltro, si era assunta anche gli obblighi connessi all’ottenimento del
bonus fiscale — in alcun modo argomentato in quali termini, ove essa avesse correttamente adempiuto,
vi sarebbe stata un’alea nel conseguimento dello sgravio, e non potendo certo la convenuta invocare in
proprio favore la «verosimile certezza che i lavori non sarebbe stati portati a compimento», giacché
anche in tale ipotesi sarebbe risultata inadempiente.
Non può trovare, invece, riconoscimento, la richiesta di ristoro dei maggiori costi di riappalto, che risulta
sfornita di prova. La parte attrice, invero, si era limitata a produrre due documenti di “aggiornamento” dei
preventivi,
Con riferimento contratto di appalto “bonus facciate” sottoscritto l'attore ha individuato il danno risarcibile nella differenza tra lo “sconto in fattura” ottenibile al momento della stipula del contratto (90%), e quello passibile di riconoscimento a seguito delle
intervenute modifiche normative (60%), e, pertanto, nel 30% del valore delle opere, oltre
ai maggiori costi di riappalto.
Richiamato quanto sopra argomentato in punto di maggiori costi di riappalto, la prospettazione della
parte attrice trova il favore del diritto. Deve rammentarsi che il c.d. “bonus facciate” è stato istituito dagli
artt. 219-224 l. 160/2019 (l. bilancio 2020); in particolare, l’art. 219 ha previsto che «per le spese
documentate, sostenute nell’anno 2020, relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o
tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti
ubicati in zona A o B ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, spetta
una detrazione dall’imposta lorda pari al 90 per cento». L’art. 1 co. 59 l. 178/2020 (l. bilancio 2021) ha
prorogato la misura per l’anno 2021. L’art. 1 co. 39 l. 234/2021 (l. bilancio 2022) ha, infine, prorogato
la misura per l’anno 2022 con riduzione dell’aliquota al 60%. Il bonus non è stato, successivamente,
rinnovato. Dalla normativa così sunteggiata consegue che l’inadempimento della convenuta
(cristallizzatosi, ex art. 1453, u.c., al momento della proposizione della domanda di risoluzione) ha
comportato per "omissis" la perdita della possibilità di ottenere il c.d. “sconto in fattura”
o, in ogni caso, un credito di imposta corrispondente al 30% del valore delle opere sopra argomentato, si tratta di una perdita patrimoniale certa giacché la fruizione del bonus è subordinata,quantomeno, all’avvio dei lavori, avvio che, nel caso di specie, non ha, pacificamente, mai avuto luogo.