La riflessione oggetto del presente contributo trova origine in un caso specifico nel quale, per uno stesso fatto storico, ad alcuni imputati veniva contestata la fattispecie di autoriciclaggio introdotta dalla L. n. 186/2014 e, ad altri, il reato di riciclaggio, a seconda che questi avessero o meno commesso o concorso a commettere il delitto presupposto (nel caso di specie, un delitto tributario).
In particolare, veniva prospettato che gli autori dei delitti tributari, dopo aver bonificato somme di denaro ad alcune imprese collettrici, avrebbero fornito istruzioni ai titolari di tali imprese di reimpiegare il denaro provento dell’illecito tributario in attività economiche o finanziarie, così da ostacolarne l’individuazione della provenienza illecita; di tal ché, con condotte successive ed autonome, i titolari delle imprese collettrici avrebbero prelevato e convertito tali somme in valute virtuali, per poi trasferirle su portafogli virtuali all’estero.
Ci si è chiesti se, in casi come questo, nei quali fra l’autore del delitto presupposto – ma non esecutore materiale delle condotte di riciclaggio – e l’autore del successivo riciclaggio vi sia un previo accordo su come reimpiegare le somme di provenienza illecita, si possa configurare o meno un concorso di persone nel reato di autoriciclaggio.
La domanda è rilevante in un’ottica di difesa dell’imputato accusato di riciclaggio che, se ritenuto concorrente nel reato di cui all’art. 648ter1, potrebbe usufruire di un trattamento sanzionatorio ben più mite.
La risposta al quesito è stata fornita dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 17235/2018, che ha ritenuto come “il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio, o comunque contribuisca alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte tipizzate dall’art. 648ter.1 c.p., continui a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648bis c.p. (ovvero, ricorrendone i presupposti, di quello contemplato dall’art. 648ter c.p.) e non di concorso (a seconda dei casi, ex artt. 110 o 117 c.p.) nel (meno grave) delitto di autoriciclaggio ex art. 648ter.1. Nel predetto caso, soltanto l’intraneus risponderà del delitto di autoriciclaggio”.
In sostanza, l’art. 648ter1 c.p. prevede e punisce come reato unicamente le condotte poste in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto presupposto, mentre le condotte concorsuali poste in essere dall’extraneus per agevolare la condotta di autoriciclaggio conservano rilevanza quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall’art. 648bis c.p. più gravemente di quanto non avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato.
A tale conclusione, la Corte giunge alla luce della ratio della L. n. 186/2014 che, attraverso l’introduzione nel codice penale della predetta norma incriminatrice, ha inteso colmare quella lacuna presente nell’ordinamento, a causa della quale il cd. “riciclaggio in prima persona” – ossia la sostituzione/trasferimento del bene da parte dell’autore/concorrente nel delitto presupposto – era penalmente irrilevante.
A ciò, si è aggiunta la dottrina dominante che ha spiegato come l’elemento differenziale e specializzante del reato di autoriciclaggio sia proprio la qualifica soggettiva del suo autore; qualifica soggettiva che giustifica un trattamento sanzionatorio meno grave, in quanto la condotta incriminata, se posta in essere dal responsabile del delitto presupposto, assume un minore disvalore.
In conclusione, in casi come quello oggetto della presente analisi, nei quali vi sia un accordo fra autore del delitto presupposto – ma non esecutore materiale della condotta di reimpiego – e l’autore della condotta di reimpiego, soltanto il primo risponderà del reato di cui all’art. 648ter1, mentre il secondo continuerà a rispondere del più grave reato di cui all’art. 648bis c.p., non potendo configurarsi un concorso di persone nel reato di autoriciclaggio.