Con il D.L. n. 118 del 24.08.2021 è stata introdotta una nuova procedura di concordato, c.d. semplificato per la liquidazione del patrimonio, la quale consente all'imprenditore meritevole, ovverosia colui che ha tentato di risanare il proprio stato di indebitamento attraverso l'esperimento di una procedura di composizione negoziata della crisi di impresa, di cedere i beni e liquidare l'attivo della propria azienda senza dover ottenere il consenso dei propri creditori.
Quest'oggi, la disciplina di questo tipo di procedura è rinvenibile negli artt. 25 sexies del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (D. Lgs. n. 14 del 12.01.2029 e successive modifiche) in cui sono convogliate le disposizioni di cui agli artt. 2 e ss. del predetto decreto legge.
Nei sessanta giorni successivi al deposito nella piattaforma telematica, istituita dalle competenti camere di commercio e disciplinata dall'art. 13 CCII, della relazione finale dell'Esperto nominato, l'imprenditore può depositare un ricorso ex art. 25 sexies CCII presso la cancelleria del Tribunale in cui l'impresa ha il centro di interessi principale.
Con la relazione finale l'Esperto deve dichiarare che le trattative non hanno avuto esito positivo, non risultano praticabili le soluzioni per il superamento della situazione di squilibrio economico e finanziario ipotizzate con il piano di risanamento e che nel complesso l'imprenditore ha gestito gli incombenti della procedura secondo i criteri generali di buona fede e correttezza.
La valutazione del Tribunale in merito all'ammissibilità della procedura di concordato semplificato si concentra:
- sull'impraticabilità delle soluzioni di superamento della crisi previste dall'art. 23 commi 1 e 2 CCII;
- sulla non praticabilità di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex artt. 57, 60 e 61 del CCII;
- sulle risultanze per cui la procedura di liquidazione concordataria debba considerarsi migliore per i creditori della società rispetto alle ipotesi concorsuali;
- sull'atteggiamento tenuto dall'imprenditore nel corso delle trattative.
Proprio in relazione all’ultimo requisito di ammissibilità è opportuno chiedersi quando il comportamento dell'imprenditore possa essere ritenuto improntato alla buona fede e correttezza nell'ottica della gestione delle trattative ex art. 12 e ss. CCII.
In particolare, devono essere considerare condotte secondo buona fede e correttezza le trattative in cui l'imprenditore si è limitato ad agire in modo trasparente e senza porre alcun atto suscettibile di pregiudicare gli interessi dei creditori, oppure quelle trattative in tutti i creditori hanno potuto esprimersi - meglio se con discussioni in presenza dell’imprenditore e dell'esperto - in merito ad una concreta proposta di risanamento?
Tale questione interpretativa è stata, per adesso, sottoposta alla valutazione del Tribunale di Firenze, che con la sentenza del 31.08.2022 ha affermato che "l'esigenza di regolarità e correttezza delle trattative è correlata all'assenza nella procedura di concordato semplificato della fase di valutazione dei creditori: il legislatore ha ritenuto giustificata tale semplificazione procedurale in considerazione della precedente partecipazione dei medesimi creditori alle trattative condotte secondo correttezza e buona fede durante la composizione negoziata. Detta correlazione consente di delineare il significato da attribuire al requisito, poiché per i creditori la partecipazione alle trattative condotte secondo correttezza e buona fede sostituisce il loro diritto di votare sulla proposta concordataria. Ciò comporta allora, secondo il tribunale, che vi sia stata una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento (non tutti necessariamente, fermo che quelli non coinvolti devono ricevere regolare soddisfazione) e, quindi, che i creditori abbiamo ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’imprenditore, nonché sulle misure per il risanamento proposte e che abbiano potuto esprimersi su esse”.
Ma vi è di più. I predetti contatti ed informative con i creditori non sono sufficienti a comprovare che le trattative intraprese dall’imprenditore abbiamo rispettato i criteri previsti per l’ammissibilità al concordato semplificato.
Invero, la correttezza e buona fede delle trattative, sempre secondo l’orientamento della corte fiorentina richiamata poco fa, presuppone che la società abbia sottoposto formalmente ai propri creditori almeno una delle soluzioni previste dall’art. 23 comma 1 e 2, lett. b) CCII (contratto con uno o più debitori volto a consentire la continuità aziendale, convenzione moratoria, accordo con gli effetti del piano attestato, accordo di ristrutturazione dei debiti) nonché una comparazione del soddisfacimento a loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che sarebbero andati ad ottenere dalla liquidazione giudiziale.