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  • 13-05-2022
"IL MANUFATTO COPERTO DA TITOLO ABILITATIVO E' SOGGETTO AL RISPETTO DELLE DISTANZE LEGALI? QUESTIONI DI VICINATO E LIMITI INDEROGABILI" di Greta Giambra

L’art. 36 del TU per l’edilizia (D.P.R. n. 380/2001) consente di acquisire la concessione edilizia in sanatoria, in via generale, per gli immobili realizzati in assenza di un permesso a costruire o di SCIA che abbiano il requisito della doppia conformità, ossia che siano conformi allo strumento urbanistico sia al momento della presentazione della domanda, che al momento della loro realizzazione. Tale domanda, redatta da un tecnico specializzato, deve essere presentata al SUAP del Comune in cui si trova l’immobile e alla stessa deve essere allegato il pagamento della relativa sanzione. L’ufficio competente deve pronunciarsi entro 60 giorni dal deposito della domanda.

Ebbene, secondo una risalente e consolidata giurisprudenza amministrativa, la rilevanza giuridica della concessione edilizia, che peraltro viene rilasciata fatti salvi i diritti dei terzi, si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra Comune e richiedente, senza estendersi ai rapporti tra soggetti privati. 

Infatti, “la sanatoria di un'opera eseguita abusivamente, o comunque in modo contrario alle norme urbanistiche, non fa sorgere alcun diritto nei confronti dei terzi in colui che ha ottenuto detto condono, che ha effetti solo di carattere amministrativo o penale; pertanto, se l'opera contraria a norme urbanistiche lede diritti soggettivi di terzi, questi ben possono farli valere giudizialmente e pertanto i diritti dei terzi costituiscono un limite per così dire esterno alla concessione del titolo abilitativo” (Consiglio di Stato, sent. n. 8262/2006).

E ancora: “l'obbligo di rispettare le distanze legali - previste dagli strumenti urbanistici per le costruzioni legittime non soltanto a tutela dei proprietari frontisti ma anche per finalità di pubblico interesse - deve essere osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, anche se sia intervenuta la relativa sanatoria amministrativa, i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi; pertanto, il proprietario del fondo contiguo, leso dalla violazione delle norme urbanistiche o dalla violazione delle distanze, ha comunque il diritto di chiedere ed ottenere l'abbattimento o la riduzione a distanza legale della costruzione illegittima nonostante sia intervenuto il condono edilizio” (Cass. Civ., sez. II, n. 18728/ 2005). 

In virtù di quanto detto, il vicino di casa potrebbe legittimamente agire in giudizio, chiedendo l’abbattimento del manufatto costruito in violazione delle distanze legali anche se è stato oggetto di sanatoria amministrativa.

A questo punto, però, occorre prendere in considerazione la seconda questione giuridica che abbiamo affrontato: essendo stato tale immobile costruito oltre venti anni fa, è possibile sostenere che il nostro cliente abbia usucapito il diritto di deroga delle distanze legali?

Fermo restando il disposto di cui all’art. 873 c.c., secondo cui “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”, alla luce delle evoluzioni dottrinali e giurisprudenziali in materia di distanze legali, sembra sussistere una tendenza a preservare, ove possibile, il mantenimento delle costruzioni erette in violazione delle disposizioni codicistiche, laddove si ravvisino gli estremi dell’acquisto ad usucapionem di una servitù al mantenimento a distanza illegale.

Originariamente, infatti, la giurisprudenza in materia di deroga alle distanze legali non ammetteva la possibilità di acquisire per usucapione il diritto a mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella prevista dalla legge. 

Invero: “le costruzioni sui confini devono rispettare la distanza minima stabilita dai regolamenti. A nulla rileva il fatto che i proprietari delle costruzioni sostengano di avere acquisito per usucapione il diritto a tenere le nuove costruzioni ad una distanza inferiore. Le prescrizioni in materia di distanze nelle costruzioni contenute nei regolamenti edilizi, non sono derogabili dai privati, per cui non è possibile acquisire per usucapione la servitù di tenere una costruzione a distanza inferiore a quella prescritta dai regolamenti” (Tribunale Como, 30/05/2007).

Tuttavia, nel corso degli anni, la giurisprudenza si è evoluta in materia ed, anzi, i giudici di legittimità sono ormai fermi nel ritenere che “in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali” (Cassazione civile, sez. II, 22/02/2010, n.4240; Cassazione civile sez. II, 04/04/2019, n.9386). 

E ancora: “i poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze nelle costruzioni, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi, però, gli effetti dell'usucapione, che, in tema di violazione delle norme sulle distanze, può dar luogo all'acquisto del diritto (servitù prediale) a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale” (Cassazione civile sez. II, 27/03/2013, n.7790).

La Suprema Corte, nel riaffermare anche recentemente la suddetta possibilità, ha perfino precisato che anche qualora la costruzione fosse abusiva (e non è il nostro caso), ciò non inciderebbe sui requisiti del possesso ad usucapionem, in quanto il difetto della concessione edilizia esaurirebbe la propria rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico.

Difatti, “l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici è ammissibile anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva” (Cassazione civile, sez. II, 18/02/2013, n.3979; Cassazione civile sez. II, 10/07/2020, n.14706). 

Alla luce di quanto esposto, qualora il vicino di casa volesse intentare una causa, dovrà scontrarsi con una giurisprudenza di legittimità del tutto a sfavore anche se incomberà sul nostro cliente l’onere probatorio dell’acquisito diritto per usucapione di mantenere la propria costruzione a distanza inferiore a quella prevista dalla codice civile o dai regolamenti degli strumenti urbanistici. 

Ed infatti, "in tema di violazioni delle distanze legali, il proprietario che lamenti la realizzazione di un manufatto su un fondo limitrofo a distanza non regolamentare deve dare prova solo del fatto della costruzione e di quello della dedotta violazione, mentre il convenuto, che affermi di avere acquisito per usucapione il diritto di mantenere il suo fabbricato a distanza inferiore a quella legale per avere ricostruito un edificio preesistente in loco, deve dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi dell'acquisto a titolo originario, vale a dire la presenza per il tempo indicato dalla legge del manufatto nella stessa posizione e l'assoluta identità fra la nuova e la vecchia struttura" (Cassazione civile sez. II, 11/06/2018, n.15041; Cassazione civile sez. VI, 10/01/2017, n.362; Cassazione civile sez. II, 13/06/2013, n.14902; Cassazione civile sez. II, 10/07/2020, n.14706).

In considerazione di quanto esposto, mutuando siffatti principi ermeneutici nella presente vicenda, si può affermare che qualora il vicino di casa voglia intentare un’azione giudiziaria volta alla rimozione del prefabbricato metallico oggetto di contestazione, potrà fare leva sull’ormai cristallizzato quadro giurisprudenziale esposto; infatti, essendo ormai trascorsi oltre venti anni dalla installazione dell’opera, seppur ad una distanza inferiore a quella prevista dalla normativa vigente e dai regolamenti degli strumenti urbanistici, è maturato il diritto di usucapione della deroga al rispetto delle distanze legali. A ciò si aggiunga anche il fatto che, peraltro, il prefabbricato è stato oggetto di sanatoria e, dunque, anche sul piano pubblicistico, il nostro cliente non potrà temere alcuna sanzione amministrativa.